RICORDO DEL PROF. ENNIO GIANNI’

 

La storia racconta, di tanti uomini di Chiesa e della stessa istituzione che soccorrevano e salvavano gli ebrei perseguitati.

Ne era testimone, Ennio Giannì, scomparso in questi giorni all’età di 97 anni

Nell’incontro che ebbi nel Giugno 2011 a Trani, a margine della sua relazione, ci raccontò della sua vita vissuta durante la seconda guerra mondiale.

Raccontò – di aver partecipato, su precisi ordini del Vaticano, al salvataggio di numerosi ebrei romani, tra il settembre 1943 e il giugno del ’44, quando a Roma arrivarono finalmente gli alleati».

Giannì era Figlio di una principessa, Elisa dei principi Caracciolo, ed era nato nel 1919 a Gallipoli, in Puglia.

Medico, primario, docente e preside universitario, professore emerito della Statale di Milano e degli Istituti Clinici di perfezionamento, è stato un pioniere dell’ortodonzia e della chirurgia maxillo-facciale.

Ad ascoltarlo parlare sembrava che ci raccontasse la trama di un romanzo , come definiva la sua vita lo stesso Giannì –dove una parentesi breve, ma importante, fu proprio quella dell’attività di “partigiano passivo in incognito”, per la Santa Sede.

«Tutto cominciò nel settembre del 1943, quando suo cugino, Emanuel Caracciolo, poi fucilato alle Fosse Ardeatine, lo cooptò per entrare nei gruppi clandestini di Giustizia e Libertà e collaborare in particolare con il Vaticano, per salvare gli ebrei. Giannì s i trovava a Roma da alcuni mesi, dal giugno del ’43, quando venne rimandato a casa da Kiev, in Ucraina, dove era arrivato con il reggimento nel quale militava come sottotenente aggregato alla Divisione Torino del 52° reggimento di artiglieria, per la campagna di Russia.

 

A Kiev si ammalò, per una congestione della quale portava ancora i segni i, con un polmone ridotto nelle sue dimensioni e funzionalità.

Quella congestione, però, gli salvò la vita: dopo il ricovero in ospedale da campo, infatti, fu rimandato a casa in licenza.

Un documento della Sacra Congregazione vaticana per i seminari e gli studi universitari – raccontava ancora il professor Giannì – lo definiva come “Consulente sanitario all’Ente Ecclesiastico per l’Educazione Cattolica” e doveva servire come lasciapassare per i controlli delle SS tedesche.

Dovevano aiutare gli ebrei a sfuggire alle persecuzioni.

Partecipò a una decina di azioni che il più delle volte consistevano nel prelevare gli ebrei, talvolta interi nuclei familiari, per portarli poi all’interno del Vaticano o a San Paolo fuori le Mura o anche alle Catacombe.

L’impegno partigiano di Ennio Giannì durò fino al giugno del ’44, quando arrivarono a Roma gli Alleati. Infine la parentesi tragica della cattura e della morte del cugino Caracciolo, fucilato alle Ardeatine.

Venne anche promosso capitano di complemento e insignito della Croce di guerra al valor militare.

A quel punto, dopo il giugno ’44, venne richiamato in servizio nell’esercito.

Riuscì però a farsi ricoverare all’ospedale del Celio, dove venne riformato per le conseguenze del male che lo aveva colpito in Russia. E da lì in avanti cominciò tutta un’altra vita: prima in Spagna, poi in Francia, a lavorare e studiare, fino al ritorno in Italia nel 1952. Milano, Brescia, Bergamo.

Grazie Prof. Per tutto quello che ci hai lasciato .

 

 

 

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